Una fotografia dei centenari che vivono in Svizzera oggi. Questo l’obiettivo dello studio Swiss100, prima ricerca di portata nazionale che mette sotto la lente d’ingrandimento la vita dei centenari nel nostro paese.
La ricerca è effettuata in tutte e tre le regioni linguistiche, coinvolgendo in modo particolare i cantoni Ginevra, Vaud, Zurigo, Basilea Città, Berna e Ticino. A capo del progetto interdisciplinare Daniela Jopp, professoressa di psicologia all’Università di Losanna. Sono coinvolti anche medici, geriatri, sociologi e psichiatri.
Cavalli è alla guida di questo progetto in Ticino, insieme al suo team, in particolare i ricercatori SUPSI Barbara Masotti e Daniele Zaccaria. Oltre alla SUPSI per il Ticino, sono coinvolte nella ricerca le università di Losanna, Ginevra e Zurigo e gli ospedali universitari di Losanna e Ginevra.
BeeCare ha il privilegio di poter partecipare al progetto: sono le nostre infermiere infatti che si occupano di effettuare a domicilio i prelievi ematici e di saliva, campioni biologici richiesti dalla ricerca.
“In Svizzera vivono circa 1700 centenari, di cui circa 150 in Ticino. È il nostro cantone, insieme a Basile Città, a detenere il record della maggiore concentrazione di centenari in rapporto alla popolazione. La maggioranza (55%) vive in casa anziani, mentre il 45% vive al proprio domicilio, una percentuale alta considerata l’età” spiega il professor Cavalli.
Sono essenzialmente quattro gli obiettivi dello studio Swiss100, come ci spiega Stefano Cavalli.
“Il primo obiettivo è descrivere le caratteristiche dei centenari residenti in Svizzera, con focus su come vivono, sugli aspetti sociologici e psicologici. Il secondo obiettivo è invece indagare il concetto di vulnerabilità. I centenari sono una popolazione eterogena, molti hanno gravi problemi di salute, ma ce ne sono anche altri in forma e con una vita attiva.
Tutti però sono caratterizzati dalla vulnerabilità: basta un evento avverso per rompere questo equilibrio e precipitare in una situazione spesso irreversibile, non solo dal punto di vista della salute ma anche delle relazioni. Quasi tutti i centenari infatti sono vedovi, i figli sono anziani a loro volta, mentre parenti e amici coetanei sono già scomparsi. Swiss100 vuole costruire un indicatore di vulnerabilità che riguarda sia la salute che gli altri aspetti. Il terzo obiettivo riguarda invece la resilienza.
I centenari infatti, malgrado la vulnerabilità, mostrano una qualità di vita percepita relativamente elevata. Hanno un grado di soddisfazione alto in relazione alla propria situazione oggettiva: questo denota una grande capacità di resilienza e di far fronte alle difficoltà, molto interessante come oggetto di studio.
Infine il quarto obiettivo indaga le differenze culturali. I centenari hanno attraversato periodi storici particolari, i grandi eventi del 900. Capire come il luogo in cui si è vissuti e la relativa cultura hanno influenzato le condizioni di vita è uno dei nostri obiettivi”.
In ogni regione linguistica della Svizzera, la ricerca ha l’obiettivo di coinvolgere 80 centenari, quindi 240 a livello nazionale. Idealmente ciascuno dovrebbe essere intervistato e fornire un campione biologico attraverso i prelievi, ma trattandosi di soggetti fragili non sempre è tutto possibile.
“Ci siamo mossi scrivendo a tutti i centenari del Ticino e procedendo poi con un contatto telefonico. Più della metà delle persone contattate ha accettato di partecipare alla ricerca. Purtroppo, non tutti sono in grado di fare l’intervista, sia per problemi cognitivi che di sordità o di estrema stanchezza.
Per ogni partecipante abbiamo anche individuato una persona di riferimento, solitamente un figlio o un nipote. Nelle interviste trattiamo temi quali la salute fisica e cognitiva, gli aspetti psicologici e psichiatrici, oltre che sociali, come gli aiuti ricevuti, le relazioni e le attività svolte. Oltre alle domande, durante il colloquio che viene fatto in presenza, chiediamo agli anziani di fare anche esercizi di memoria e mobilità.
La maggior parte dei centenari che hanno svolto le interviste di persona sono stati poi ben disposti al prelievo. Quando invece il centenario non è in grado di decidere autonomamente, salvo eccezioni, i familiari non hanno acconsentito al prelievo. Probabilmente per proteggere il proprio caro, sebbene i dati raccolti siano resi anonimi e trattati con confidenzialità. In Ticino al momento abbiamo una ventina di donatori di sangue” racconta il sociologo.
“Con i prelievi vogliamo misurare i biomarcatori per scoprire se i centenari hanno caratteristiche particolari. Attenzione però: non vogliamo scoprire il segreto della longevità, ma come vivono i centenari, legare le informazioni biologiche con lo stile di vita, capire come interagiscono queste caratteristiche, come le persone superano le difficoltà, in una parola la resilienza”.
Il team della SUPSI si interessa in particolare ai temi del supporto sociale, dell’isolamento e della solitudine: come sono inseriti in una rete sociale? Come gli aiuti forniti ai centenari influenzano la loro resilienza?
Risposte che scopriremo al termine dello studio Swiss100, al momento in corso. Lo studio sui centenari poi non coinvolge solamente i grandi anziani. “I biologi hanno bisogno di confrontare i campioni dei centenari con quelli di altri gruppi di popolazione. Verranno quindi effettuati dei prelievi tra persone di 80/90 anni e di 40/50 anni. Tutti questi profili biologici verranno confrontati, paragonando anche le tre regioni linguistiche della Svizzera” conclude Stefano Cavalli.