Nel mese di maggio 2022 è stata esposta presso la scuola media Parsifal di Porza la mostra “Che cos’è l’uomo perché te ne ricordi? Genetica e natura umana nello sguardo di Jerôme Lejeune”, realizzata in occasione del Meeting di Rimini del 2012. A portarla a Lugano l’iniziativa di una docente di scienze della scuola, in collaborazione con il Centro Culturale della Svizzera Italiana.
BeeCare si riconosce nello sguardo di cura e attenzione verso il malato che ha avuto il professor Lejeune, scopritore della trisomia 21, e per questo motivo ha deciso di organizzare delle visite guidate alla mostra per tutto il personale. Di seguito le testimonianze di Adelaide Ghislazoni, infermiera, e Cinzia Tosi, assistente di cura.
Scienza a servizio dell’uomo: ogni persona è unica
“Sono stata entusiasta della proposta di vedere questa mostra. All’interno della scuola media siamo stati accolti dagli allievi e da un insegnante” racconta Adelaide Ghislanzoni.
“Ciascun ragazzo aveva un pannello assegnato da spiegare: prima un excursus storico sulla vita di Lejeune, poi un approfondimento sulla sua scoperta e sull’impatto che ha avuto. È stato interessante vedere come sono stati bravi nella spiegazione i ragazzi di questa età. Mi hanno colpito questi giovani che si sono confrontati con valori importanti, la scoperta della trisomia 21 infatti ha un duplice aspetto: si può scegliere la cura, quindi con la scienza a servizio dell’uomo, oppure usare la scienza contro l’uomo con l’aborto selettivo. Come genetista Lejeune ha aperto un mondo alla scienza che può aiutare anche noi nel quotidiano a focalizzarci sempre di più sull’unicità della persona. Per me come infermiera che assiste i malati questa mostra sottolinea ancora di più che ogni persona è unica, infatti io mi prendo cura della persona per come è.
La genetica mi conferma l’unicità nel corpo, nel carattere e nel comportamento. Io presto le stesse cure, ma in modo diverso per ciascuno. Tra noi del team BeeCare è stato un momento molto stimolante vedere la mostra, abbiamo parlato insieme del dilemma della scienza di fronte alle scoperte, di cosa succede se l’uomo può selezionare l’uomo (dopo la scoperta della trisomia 21 per i bambini Down c’è stato l’aborto selettivo) o ancora di come ci sentiremmo se fossimo noi ad avere un cromosoma in più”.
Dare dignità a tutti
Cinzia Tosi, assistente domiciliare, racconta la sua esperienza personale con un parente affetto da trisomia 21.
“L’esperienza della mostra su Lejeune mi ha toccato personalmente, in quanto un cugino di mio padre era affetto da Sindrome di Down. Anche se faceva parte della mia famiglia, veniva tenuto nascosto come se fosse una vergogna. Io ero una ragazzina e non capivo, ma aveva degli atteggiamenti che mi facevano paura. La sorella di questo cugino di mio padre è diventata educatrice e si è fatta carico del fratello. In seguito è diventata direttrice di un istituto per disabili e ha anche scritto un libro, “Matti da morire”.
Grazie al lavoro della sorella questa persona è tornata in vita, ha iniziato a lavorare, andava in vacanza, insomma viveva. La ricerca di Lejeune vuole ridare una normalità a questi bambini, non viverli come una vergogna. Mi è capitato di chiedermi: se succede a me? La risposta me l’ha data mia figlia: mamma lo teniamo! Ringrazio Lejeune di essere uscito dai binari del tempo e spero che ce ne saranno altri in futuro. É importante dare dignità a tutti perché tutti ne abbiamo bisogno da quando veniamo al mondo. Come assistente domiciliare io mi approccio al paziente pensando sempre che siamo tutti uguali, non c’è nessuna mancanza in una persona.
Non c’è la diversità, piuttosto una difficoltà di atteggiamento. Io cerco di dare aiuto agli altri senza far sentire la persona in soggezione. Spero che i ragazzi delle scuole medie che ci hanno spiegato la mostra siano portatori di uguaglianza nel futuro”.
